Dischi DOC | Pubblicato il 10 febbraio 2015

Banco Del Mutuo Soccorso
Banco Del Mutuo Soccorso
Genere: Progressive
Anno: 1972
Casa Discografica: Ricordi
Servizio di: Max Sannella
Se una nutrita frangia di gruppi di base nel 1972 , tenacemente si attaccava con unghie e denti ad un rock proletario, influenzato dalla riscoperta di un folk operaio e campale, c’e n’era una altrettanto viva che, sulla scia ascensionale britannica con base Canterbury, prendeva il volo – sebbene in ritardo – staccandosi “da terra” per inseguire i pindarismi intellettuali del suono progressive.
Ma la pecca di estraniarsi troppo dal reale, di intrufolarsi nei gineprai lessicali, concettuali ed ermetici penalizzò lo scenario, condannandoli a girare in un circuito chiuso senza pertugi. Ci voleva qualcosa di leggiadro e volatile, ma che volasse a bassa quota e non nel piramidale dell’incomprensione; e questo arrivò con la forma bombata e sagomata di un salvadanaio ocra, arrivò il Banco del Mutuo Soccorso. BMS è il disco d‘esordio di una band romana guidata da una voce limpidissima ed evocativa, Francesco Di Giacomo, pingue e scapigliato cantore di poesia e sogni, che insieme ai fratelli Gianni e Vittorio Nocenzi, tastiere, pianoforti e sinthetismi, Gianfranco Coletta chitarra, Fabrizio Falco basso, Mario Achilli batteria, Renato D’Angelo basso e Pierluigi Calderoni alla batteria, riportarono la giusta calibratura equilibrante tra sogno e realtà.
Il suono del Banco si differenziò subito per un catalogo di suoni pazzesco e una ricercatezza di testi definibili “colti , incunaboli di poemistica sofisticata” in cui galleggiarci dentro era un’esperienza subliminale; perfetti nel non ricalcare le orme d’oltre Manica, il Banco tracciò con questo primo vinile, una nuova strada da percorrere senza troppe ampollosità o concezioni “astrali”, preferendo una specie di “melodramma onirico”, che sì fuggiva dalla realtà ma da essa ritornava ogni volta per completarne il ciclo vitale, mortale e rinascente, in cui l’uomo e non il suo alter ego sarà per sempre l’interlocutore dei dubbi, l’eternauta della poesia a mezz’aria, evocante.
Un’opera con tutte le eccezionalità del caso, un programma di musicale diviso in suite, tra ode e commedia di Jonesco, vivo e “alto” nella voglia espressiva della fuga dal “qui” per viverla altrove “Il giardino del mago”, l’affanno della morte che senti sempre addosso “R.I.P”, il suono di spinetta fiamminga “Passaggio” o l’organo da cattedrale che coabita con il tasto classico che omaggia inverni Dostoevskijani “Metamorfosi”, fino al burlesque epico vocale di “Traccia”. Ma è “In volo”, il brano d’apertura del disco che, a pochi metri da mellotron, vc7, moog e sinth, lascia il suo maestoso respiro medievale che era ed è rimasto emblema a divinis della band e dei nostri ascolti di spessore. “ Lascia lente le briglie del tuo ippogrifo o Astolfo, e sfrena il tuo volo dove più ferve l’opera dell’uomo/ Però non ingannarmi con false immagini ma lascia che io veda la verità e possa poi toccare il giusto/ Da qui Messere si domina la valle, , ciò che si vede è/ Ma se l’imago è scarna al vostro occhio scendiamo a rimirarla da più in basso/ planeremo in un galoppo alato entro il cratere ove gorgoglia il tempo/.
Voto: 8/10
Tracklist:
- 1 · In volo
- 2 · R.I.P.
- 3 · Passaggio
- 4 · Metamorfosi
- 5 · Il giardino del mago
- 6 · ... passo dopo passo
- 7 · ...chi ride e chi geme
- 8 · ...coi capelli sciolti al vento
- 9 · ...compenetrazione
- 10 · Traccia