Dischi DOC | Pubblicato il 19 gennaio 2015

Joy Division
Closer
Genere: Post-punk
Anno: 1980
Casa Discografica: Factory
Servizio di: Marco Pettenati
Sono trascorsi 35 anni dalla tragica scomparsa di Ian Curtis, cantante dei Joy Division, e l’ascolto di questo secondo ellepì del gruppo di Manchester – uscito postumo nel luglio dello stesso anno – rievoca le medesime “malsane” emozioni di allora; riecheggiano nelle sue note profonde le sensazioni di predestinazione e annientamento che stavano per deflagrare nel ben noto epilogo. La carica vibrazionale negativa che aleggia per tutta la durata dell’incisione e il suo intrinseco potere fanno intravedere quella trance sonora che durante la stesura del disco ha posseduto tutti i componenti della band: è come se il furore introspettivo del suo leader avesse contagiato le composizione stesse ed intaccato ogni singola nota.
Le trame sonore di Closer, rispetto all’esordio dell’anno prima, sono più sperimentali ed eteree: i suoni (ancora sorprendenti) alchimizzati in registrazione dal fido “big” Martin Hannet, si sono via via trasformati, diventando più sintetici. Gli strumenti di Bernard Sumner (chitarra), Peter Hook (basso) e Stephen Morris (batteria) danno a ciascuna delle nove composizioni una potente carica evocativa: materializzando in modo eccelso quel suono nuovo – tra il metafisico e l’infernale – che sarà marchio indelebile anche per i New Order. Ian scrive i testi quasi in stato catatonico, folgorato da una maligna possessione (l’epilessia o i farmaci ingeriti per curarla?), mentre la sua voce, nel frattempo, si allontana sempre più, appesantendo il suo irreale timbro catacombale.
Le canzoni della prima facciata del disco (così su vinile) travolgono l’ascoltatore e lo dilaniano: le sciabolate di chitarra riverberata della ballardiana “Atrocity Exhibition”, il synth incalzante ed irruente di “Isolation”, l’inquieta solennità di “Passover”, la partitura marziale di “Colony”, infine l’assembramento ritmico-chitarristico di “A Means to an End”. La seconda parte si rivela ancora più inquieta(nte): le radici della musica più oscura che verrà, sono quasi tutte in questi solchi. La vertiginosa e palpitante “Heart And Soul” e soprattutto “24 Hours”, “The Eternal” (un pianoforte struggente sorregge la voce più ispirata di Ian) e “Decades” (quasi un lamento funebre) sembrano i tre ideali movimenti di un’ipotetica e letale suite, la quale sancirà la data di nascita ufficiale della musica cosiddetta gotica (il termine dark sarà quasi esclusivamente italiano)… E così sia!
Voto: 10/10
Tracklist:
- 1 · Atrocity Exhibition
- 2 · Isolation
- 3 · Passover
- 4 · Colony
- 5 · A Means to an End
- 6 · Heart and Soul
- 7 · Twenty Four Hours
- 8 · The Eternal
- 9 · Decades