Recensioni | Pubblicato il 27 novembre 2014

Cumino
Pockets
Genere: Strumentale, Ambient, Elettronica, Sperimentale
Anno: 2014
Casa Discografica: Autoprodotto
Servizio di: Alberto
Pockets è una fuga. Un continuare ad inseguirsi, trovarsi e perdersi ancora. Un fuga da persone, abitudini, cose, luoghi. Dove fare ritorno, dove scoprire che non si è mai andati da nessuna parte. Pockets sembra fuggire per poi riprendere e rivisitare Just Melt dove i Cumino avevano disegnato paesaggi avvolti nella nebbia, ancora non ben visibili, sognanti. L’atmosfera rimane molto simile ma questo nuovo lavoro sembra ritrovare questi paesaggi sonori mettendo a fuoco i particolari. Inquadrare i dettagli, i movimenti, le luci.
Il disco può essere definito come la colonna sonora di un viaggio da cui torni e negli occhi restano i piccoli dettagli dei paesaggi, delle persone incontrate. Un thè su una terrazza di un ostello a Tangeri, il fumo delle sigarette che prende forma illuminato dalle luci del Raval, gli sguardi delle donne di Tehran, il calore di un caffè nei bazar di Istanbul. Pockets è un disco strumentale in cui synth e chitarre si fondono perfettamente nel loro cercarsi e mai toccarsi, fuggire e riprendersi. Il suono nel complesso è delicato, dolce, sognante, a tratti cupo e malinconico.
Il riff di “Atlas” ti introduce subito alle ambientazioni sonore del disco che trovano una loro dolcezza in “Her” dove la chitarra acustica modella suoni dolci e trova perfetta simbiosi con il synth. “Tangier”, insieme a “Veins”, è sicuramente il pezzo più cupo del disco ma l’intro di “Two Spheres” dona nuovo calore. Le note profonde e poi dolci sono “commoventi”. Il pezzo migliore di Pockets. Il disco non ha bisogno di parole, nemmeno quando “Fixing Fragments” sembra lasciare in sospeso discorsi e situazioni da troppo tempo e non trova soluzione nemmeno nell’insistenza di “Paseo” e nella chiusura di “Snail”. Pockets è il secondo album dei Cumino. Arriva un anno dopo l’EP Just Melt e conferma ancora una volta la capacità di scrittura di Luca e Davide. L’album prevede la coesistenza di strumenti analogici e beat sintetici.
In conclusione si sta nell’Europa musicale che conta. Si può riscrivere Maastricht anche in due, con un laptop un synth ed una chitarra. Ad aprire le nostre finestre sulla mitteleuropa ci pensa il duo milanese che si conferma fra le realtà più interessanti della scena contemporanea nazionale.
Voto: 7,5/10
Tracklist:
- 1 · Atlas
- 2 · Her
- 3 · Fields
- 4 · Tangier
- 5 · Two Spheres
- 6 · Veins
- 7 · Fixing Fragments
- 8 · Paseo
- 9 · Snail